Fiume Brenta, da conflitto a opportunità

Il progetto LIFE Brenta 2030 come occasione per la valorizzazione del territorio in linea con le politiche comunitarie

Promuovere una buona governance e schemi di finanziamento innovativi per la conservazione della biodiversità e della risorsa idrica del medio Brenta

È questo l’obiettivo del progetto LIFE Brenta 2030, avviato nel 2019 nell’ambito della più vasta iniziativa Parco Fiume Brenta, promossa da Etifor (spin-off dell’Università di Padova) e cofinanziato grazie ai fondi del programma europeo per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE). Il progetto è coordinato da Etra ed Etifor e vede la partecipazione degli altri enti pubblici del territorio quali il Consiglio di Bacino Brenta, il dipartimento TESAF dell’Università di Padova, Veneto Agricoltura, Veneto Acque e il Comune di Carmignano di Brenta. Attraverso azioni di riqualificazione, miglioramenti gestionali, monitoraggi, sensibilizzazione e comunicazione, il progetto agisce sul sito Rete Natura 2000 “Grave e zone umide del Brenta” e mira a conservare e valorizzare le principali risorse ambientali, vale a dire la biodiversità e la risorsa idrica.

Come nasce il progetto LIFE Brenta 2030

L’idea progettuale è partita da quella che inizialmente era vista e sentita come una problematica dalla popolazione locale, ovvero l’installazione nel 2017 di 9 nuovi pozzi per il prelievo idropotabile in località Camazzole a Carmignano di Brenta, strategici a livello regionale (l’acqua del Brenta prelevata viene distribuita a circa 1,5 milioni di persone in Veneto, pari circa al 30% della popolazione [fonte: Veneto Acque]. Da qui la necessità di considerare anche le opportunità derivanti dall’installazione di queste opere in termini di mitigazioni e compensazioni del Servizio Idrico Integrato (SII) sull’ecosistema fluviale, sfruttando le sinergie tra la gestione dell’idrico e la gestione della biodiversità, ancora non effettiva sul sito del Brenta.

Impostando la logica di intervento su queste sinergie, a distanza di 3 anni dall’avvio del progetto si può dire che il LIFE Brenta 2030 abbia saputo contribuire all’implementazione delle politiche europee, nonché al raggiungimento di alcuni target fissati nell’ambito del Green Deal.

L’applicazione in tariffa dei costi ambientali (ERC)

L’azione chiave del progetto riguarda infatti l’applicazione tariffaria dei costi ambientali e della risorsa (abbreviati in inglese con la sigla ERC), quale strumento per la compensazione del territorio e per promuovere una gestione integrata delle risorse, argomento approfondito in questa e questa sezione del sito. L’applicazione, pilota in Italia, è perfettamente in linea con la Strategia dell’UE sulla biodiversità al 2030 , che prevede che La Commissione continuerà a promuovere regimi fiscali e prezzi che rispecchino i costi ambientali, compreso il costo della perdita di biodiversità; così facendo dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a modificare i regimi fiscali per trasferire l’onere fiscale dal lavoro all’inquinamento, alle risorse a prezzi eccessivamente bassi e ad altre esternalità ambientali. Per prevenire e correggere situazioni di degrado ambientale occorre applicare i principi del “chi usa paga” e del “chi inquina paga”.
Gli ERC sono espressione dell’articolo 9 della Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60CE), trasposto nella normativa italiana tramite il D.M. 39/2015, che dispone, in base ai medesimi principi, il pieno recupero dei costi relativi ai servizi idrici, inclusi i costi ambientali e della risorsa.

Il servizio idrico integrato come perfetto esempio di economia circolare.

Grazie all’azione del progetto LIFE, l’ambito territoriale ottimale del Brenta (ATO Brenta), la cui autorità è rappresentata dal Consiglio di Bacino Brenta, è il primo caso in Italia a calcolare ed applicare questo tipo di costi e ad impostare il percorso che porterà alla piena circolarità del servizio idrico integrato.

L’occasione per intraprendere questo percorso è data, nel caso del medio Brenta, dalla sovrapposizione, nelle sue porzioni più interessanti dal punto di vista ambientale, del sito Rete Natura 2000 “Grave e zone umide del Brenta” con le aree di salvaguardia idrica e dall’assenza di un soggetto gestore locale responsabile per l’implementazione delle misure di conservazione regionali. Se applicati nel servizio idrico, gli ERC possono quindi sostenere determinati interventi, azioni e misure che rispondono sia all’esigenza di tutelare la qualità e la quantità della risorsa idrica sia a quella di conservare la biodiversità fluviale e rivierasca. Questa opportunità di finanziamento è stata la premessa per attivare un percorso partecipativo che ha coinvolto i partner del progetto, la Regione Veneto e oltre 15 amministrazioni locali per il miglioramento della governance del sito Rete Natura 2000, e condiviso uno scenario che vedrà il Consiglio di Bacino Brenta proporsi per diventare il nuovo soggetto gestore dell’area protetta.
In questo senso, il progetto ha contribuito ad uno dei tre impegni principali per la protezione della natura, da raggiungere entro il 2030, contenuti all’interno della Strategia UE sulla biodiversità, quello di gestire efficacemente tutte le zone protette, definendo obiettivi e misure di conservazione chiari e sottoponendoli a un monitoraggio adeguato. Il nuovo soggetto gestore sarà responsabile per il rispetto e l’implementazione delle misure di conservazione e agirà in conformità a quanto previsto dal Quadro delle azioni prioritarie (PAF) per la Rete Natura 2000 , che dà attuazione alla Direttiva Habitat in Regione Veneto per assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di importanza unionale, tenendo conto al contempo delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali.

Cosa è stato fatto finora

L’iniziativa Parco Fiume Brenta, che ha visto concretezza principalmente attraverso il progetto LIFE Brenta 2030, ha previsto complessivamente la realizzazione di interventi di riqualificazione e conservazione degli habitat in 6 siti lungo il fiume Brenta: Nove, Cartigliano, Tezze sul Brenta, Pozzoleone, Fontaniva e Carmignano di Brenta. Questi interventi possono essere sintetizzati con i seguenti numeri:

  • 2,5 ha di aree forestali di infiltrazione
  • 4 aree umide
  • 7 ha di boschi di pianura
  • miglioramenti floristici per 8 ha di prati aridi
  • 3 km di siepi
  • 5 ha di boschi igrofili creati e migliorati*
  • 17.000 nuovi alberi piantati**

* Conformemente all’impegno n. 1 del Piano per il ripristino della natura contenuto nella Strategia UE sulla biodiversità (entro il 2030: sono ripristinate vaste superfici di ecosistemi degradati e ricchi di carbonio; le tendenze e lo stato di conservazione degli habitat e delle specie non presentano alcun deterioramento; e almeno il 30% degli habitat e delle specie presentano uno stato di conservazione soddisfacente o una tendenza positiva) e alle raccomandazioni contenute nella Strategia UE sulle infrastrutture verdi.
** In risposta all’impegno n. 6 del medesimo Piano: piantare tre miliardi di nuovi alberi nell’Unione, nel pieno rispetto dei principi ecologici.

Un esempio virtuoso

In conclusione, l’area del medio corso del fiume Brenta è stata la palestra per la sperimentazione di un meccanismo di finanziamento innovativo, che ha posto le basi per miglioramenti significativi della governance del sito Natura 2000 “Grave e zone umide del Brenta”, e luogo di concreti interventi di miglioramento ambientale. L’azione del partenariato di progetto, impostata secondo i principi delle più recenti direttive comunitarie, rappresenta un esempio virtuoso di adozione delle direttive europee a livello locale e può essere facilmente imitata anche in altri territori e contesti.

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